Angelo Roth .·.
Algherese Illustre Conferenza tenuta presso la sala convegni del Chiostro di San Francesco in occasione della celebrazione del 150° anniversario della nascita di Angelo Roth. (Per gentile concessione del Relatore, Dott. Pierluigi Alvau) Comincerò col dire che la città di Alghero molto spesso è stata e continua ad essere una madre ingrata nei confronti dei suoi figli, compresi quelli illustri. Questo aspetto caratteriale, che talvolta rasenta l’indolenza, emerge nei confronti proprio di personalità insigni che spesso vengono celebrate fuori dalla nostra città ed ignorate o quasi da noi. Non si ha coscienza e troppo spesso neanche conoscenza delle figure che con la loro opera hanno dato lustro ad Alghero. Di molti personaggi è conosciuto a malapena il nome, ignorando se lo stesso fosse un letterato o uno scienziato, un religioso o un artista. Molti algheresi ignorano inoltre il periodo storico in cui sono vissuti i personaggi più illustri. Credo che una maggiore attenzione per la storia locale e per i personaggi che ne sono stati protagonisti o comprimari possa stimolare quel pizzico di sano campanilismo del tutto assente nella nostra città. Ritengo che un ruolo determinante in questo campo lo rivesta la scuola, fin dai primi anni della scuola materna sino ad arrivare agli ultimi anni delle medie superiori. Ma anche le associazioni culturali e professionali, i club service e gli intellettuali in genere, oltre che la pubblica amministrazione hanno il dovere di promuovere (nei limiti e nelle possibilità di ogni singola entità) iniziative tendenti a valorizzare la memoria storica del proprio territorio e degli antenati illustri. Venendo ad Angelo Roth diremo subito che questa figura ha subìto destini alterni circa la sua popolarità in vita e la successiva memoria dei posteri. Pur essendo vissuto in epoca contemporanea, ancor oggi in pubblicazioni recenti si continua a riportare erroneamente la sua data di nascita. Una peraltro pregevole biografia stilata dal compianto Beppe Sechi Copello, inciampando sulle generalità paterne e materne, lo vuole nato nel dicembre del 1853, anticipando l’evento di quasi quindici mesi. Non è possibile consultare gli atti dello Stato Civile, con i relativi registri di nascita, in quanto lo stesso è stato istituito dallo Stato Italiano unitario soltanto nel 1866. Le fonti certe a questo punto sono i registri di battesimo conservati nell’Archivio Storico della Curia Vescovile di Alghero, dai quali risulta che Angelo Roth, figlio di Sebastiano e di Paola Satta, è nato il 1° gennaio 1855 e fu battezzato due giorni dopo, ovvero il 3 gennaio. Da un registro del catasto, datato 1852 e conservato nell’Archivio Storico del Comune di Alghero, ricaviamo la composizione del nucleo familiare del Roth poco prima della sua nascita. I genitori Sebastiano e Paola avevano un altro figlio, Felicino undici anni più grande di Angelo (aveva otto anni nel 1852), e vivevano in contrada Calabragas, l’attuale vicolo Serra che collega via Roma a piazza Civica. Abitavano in una palazzina di tre piani di proprietà di Angelica Pagliochini, nubile e zia materna di Paola Satta madre di Angelo. Angelica Pagliochini era sorella di Agnese Pagliochini, vedova Satta, nonna materna di Angelo. Negli appartamenti dislocati – sarebbe più appropriato dire nelle stanze dislocate – nel 2° e 3° piano convivevano in un unico nucleo familiare anche queste due anziane signore, oltre allo zio materno Filippo Satta, di 25 anni, indicato come chierico e la giovane Filomena Palomba di tredici anni, domestica. Il padre di Angelo, Sebastiano, era medico; alcune osservazioni legate a relative deduzioni ci permettono di asserire che non fosse di condizioni agiate. Sebastiano Roth era sicuramente diventato medico per vocazione e svolgeva la sua professione-missione a favore delle classi sociali più umili, portando di conseguenza a casa magri guadagni. Era come si suol dire il medico dei poveri, come altri suoi colleghi si distinsero nella stessa misura nei decenni successivi e la memoria popolare ancora li celebra. Sarà anche per questo motivo che nel 1847, otto anni prima che nascesse il suo secondogenito Angelo, Sebastià Roth prende parte ad una campagna di scavi semiclandestini organizzati dal canonico Francesco Cugia. Questa campagna, che è eufemistico definirla semiclandestina in quanto buona parte degli abitanti di allora ne era a conoscenza, era finalizzata al ritrovamento di un ipotetico tesoro nascosto dagli ebrei in fuga nel 1492 e che si supponeva dovesse trovarsi nella chiesetta diroccata di Santa Croce, edificata a suo tempo sopra l’antica sinagoga. Questa storia è stata ben parodiata un secolo dopo dalla famosa commedia Lu Sidaru di Gavino Ballero. Non va trascurato inoltre che ad Angelo Roth era stato dato lo stesso nome della sorella della nonna, quella Angelica Pagliochini nubile e proprietaria della palazzina di contrada Calabragas, dove il Roth appunto era nato e unitamente ai genitori aveva convissuto con la stessa nei primissimi anni dell’infanzia. Probabilmente questo era stato un atto di affetto nei confronti della zia Angelica, la quale un domani avrebbe potuto lasciare in eredità l’immobile al pronipote Angelo che portava il suo stesso nome. Non abbiamo comunque conferme al riguardo. Angelo rimase orfano di padre in tenera età. Si fece carico della sua educazione lo zio Francesco Roth che, come dice Michele Chessa nei suoi racconti algheresi, era un canonico. Terminati gli studi ginnasiali ad Alghero e quelli liceali a Sassari, Angelo Roth si trasferisce a Torino per intraprendere gli studi universitari in medicina e chirurgia, grazie ad una borsa di studio messa a disposizione da un collegio torinese che ospitava giovani di modeste condizioni economiche. Dirò soltanto che quelli furono anni duri e che il giovane Angelo divise quelle sofferenze e ristrettezze economiche con la madre Paola che amorevolmente gli stette vicino fino alla laurea. L’esempio paterno di umanità nei confronti dei meno abbienti e le condizioni disagiate patite durante gli anni dell’università hanno decisamente marcato la formazione etica e morale di Angelo Roth. Negli anni in cui svolse la sua attività scientifica ed accademica (per la quale si rimanda a specifici studi e relazioni trattati da altri ricercatori), il Prof. Roth si dedicò anche all’attività politica con la stessa profusione di umanità e di motivazioni sociali con cui aveva abbracciato la medicina. Pur rispettoso del regime monarchico vigente all’epoca, fu un convinto repubblicano aderente alla sinistra radicale. Nei primissimi anni del Novecento fu consigliere comunale ed assessore del Comune di Sassari. Nel 1904 fu popolarmente proposto alla candidatura per il Parlamento (oggi diremmo che vinse le primarie), ma giochi di palazzo favorirono la candidatura e l’elezione del deputato uscente, nonostante questi fosse riluttante. Fu eletto deputato nel 1909 e sedette in Parlamento per due legislature. L’elezione di Roth nel 1909 segnò anche dei momenti di tensione. Subito dopo lo scrutinio e l’esito della votazione, del quale all’epoca si veniva a conoscenza in tempi ragionevoli ovvero in giornata, avuta notizia ufficiale dell’elezione del professore algherese si sviluppò per le strade una spontanea festa popolare. Le cronache dicono che quella festa popolare fu male interpretata dalle forze dell’ordine, ma oggi possiamo serenamente ed obiettivamente affermare che più che male interpretata probabilmente fu mal digerita non solo la festa ma soprattutto l’elezione del candidato progressista. Ci furono dei tafferugli con i soldati di fanteria, garanti in quell’occasione dell’ordine pubblico, i quali arrivarono anche a sparare eseguendo gli ordini di uno zelante ufficiale che evidentemente voleva ben figurare agli occhi dell’ala elettorale conservatrice. Ci furono alcuni feriti da ambo le parti curati, si dice, in maniera discriminante presso il locale ospedale. La discriminazione gravava, come quasi sempre in questi casi, sulla classe popolare. Anche questo episodio dà ad intendere che il potere fino allora costituito non gradiva l’elezione di un progressista. Quando nel 1909 Roth fu eletto deputato era già da un anno Rettore Magnifico dell’Università di Sassari, carica che ricoprì fino al 1916, mentre rimase in Parlamento fino al 1919, anno in cui peraltro morì. Il decennio trascorso tra i banchi del Parlamento fu molto proficuo non solo per il collegio che rappresentava, bensì per tutto lo Stato. Come deputato ebbe molto a cuore la problematica del decentramento amministrativo, argomento molto sentito da più parti in quegli anni. Fece pertanto la proposta dell’istituzione di un commissariato civile per la Sardegna che avrebbe dovuto interpretare e concertare con la legislazione vigente le istanze popolari nel campo dell’economia e del lavoro. Ma il cavallo di battaglia di Roth parlamentare fu la scuola ed il suo impegno in questo campo gli fu riconosciuto da tre diversi governi che lo chiamarono a svolgere le funzioni di sottosegretario alla P.I. . Indipendentemente dall’incarico politico di governo fu nominato inoltre membro del Consiglio Superiore per la P.I. . Non dimenticò, come dicevamo, il suo collegio ed in particolare la sua città. Ancora oggi il più grande merito che gli viene riconosciuto è l’aver promosso la costruzione dell’acquedotto dalle sorgenti del Briai, nel comune di Florinas, fino ad Alghero. Era il 1912 e dopo la sistemazione di due fontanelle all’allora periferia della città, prima nei pressi del carcere di via Vittorio Emanuele e subito dopo a Porta Terra, l’acqua venne successivamente distribuita con apposita rete in tutte le case. Quell’acquedotto continuò a portare l’acqua di Briai in città sino ai primi anni ottanta del secolo appena trascorso. Roth si occupò anche del porto che all’epoca soffriva di frequenti insabbiamenti a causa delle mareggiate e dei bassi fondali. Con specifici interventi edili e di dragaggio il porto fu reso più agibile. Secondo Michele Chessa è da ascrivere allo stesso Roth la tracciatura e la costruzione della strada denominata successivamente Lungomare Dante, dimostrando dunque un’arguta lungimiranza sul futuro sviluppo della zona sud di Alghero, dove sorsero negli anni immediatamente dopo quelle ville che ancora oggi ciascuna di esse fa bella mostra di se. Pare che alcuni proprietari delle stesse fossero massoni come pure lo era Angelo Roth, il quale però non era affiliato alla loggia algherese Vincenzo Sulis, né alla preesistente Giuseppe Dolfi, bensì alla G.Maria Angioi di Sassari, in quanto residente e avente la sede di lavoro in quella città, così come dettavano ed ancora dettano le regole della Massoneria. Ci è dato sapere sia da Sechi Copello sia da un articolo di Raffaele Caria apparso sul numero di agosto-settembre 1998 di Sardegna e Dintorni, che ai funerali che seguirono il decesso avvenuto il 26 ottobre 1919, parteciparono numerose delegazioni con i relativi labari delle logge massoniche sarde, nonché una rappresentanza delle più alte cariche di Palazzo Giustiniani, sede centrale del Grande Oriente d’Italia, che accompagnarono il feretro fino al cimitero di Sassari dove tuttora riposa. Sicuramente anche l’essere massone ha animato l’attività professionale, politica e sociale di Angelo Roth. Non dismise mai i suoi panni d’umiltà nonostante i vertici professionali e politici raggiunti. Quando poteva, veniva a trascorrere i ritagli di tempo ad Alghero, immancabilmente le sue ferie estive. Frequentava assiduamente Lo Banyeto, uno dei primissimi stabilimenti balneari in Italia dove aveva occasione di incontrare i suoi vecchi compagni di ginnasio. Aveva un rapporto cordiale con tutti gli algheresi, soprattutto con i più umili e parlava con tutti preferibilmente in algherese. Era il personaggio dell’epoca per eccellenza ed i muri cittadini riportavano in quasi tutte le vie la famosa scritta W ROTH che rimase proverbiale come sinonimo che tutto sarebbe finito con l’andare per il verso giusto. Alghero ha voluto onorare questo suo figlio illustre intitolandogli nel 1954 una strada non proprio fra le più belle dei nuovi quartieri. Dal 1962 anche l’Istituto Tecnico Commerciale (oggi anche per Geometri e per il Turismo) porta il suo nome. C’è da dire che dopo quest’ultima occasione, datata ormai da oltre quarant’anni, ci si è ricordati pochissimo di Angelo Roth, fino al punto abbiamo detto di confonderne anche la data di nascita. Onore dunque a chi in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita ha voluto degnamente ricordarlo. Con tutto il cuore e con il pensiero rivolto a quest’uomo che nel corso della sua vita ha sicuramente agito per il bene dell’umanità, sento seppur retoricamente di ripetere quelle due parole che suonano ancora oggi come un insegnamento: W ROTH! Pier Luigi Alvau 28 gennaio 2005 FONTI Dal sito dell'Ordine dei medici della Provincia di Sassari Occorre riferirsi a questo contesto in rapida evoluzione in città, nonché a quello culturale e intellettuale che abbiamo cercato di evocare in apertura, per comprendere le “correnti” di idee e sensibilità che portano l’Ordine dei Medici di Sassari all’elaborazione del primo Codice deontologico in Italia. Steso da una commissione ristretta , formata da tre medici ( i dottori Pugioni, Dasara-Cao, Usai) il testo era stato discusso in una seduta del Consiglio e poi in Assemblea. Importante dovette essere l’apporto del presidente dell’Ordine, il professor Angelo Roth. Nato ad Alghero nel 1855 era allora in cattedra di Clinica chirurgica e patologia speciale chirurgica. Inserito negli ambienti politici sassaresi, di orientamento progressista, con una rete di relazioni fuori dall’isola e all’estero dove era stato in viaggi di studio sui progressi della chirurgia delle vie urinarie, era destinato ad una brillante carriera accademica e politica che lo vedrà diventare rettore (1908-1915), Deputato e Sottosegretario alla Pubblica Istruzione (1916-19). I contenuti del documento sono assai istruttivi. In apertura spicca il richiamo a quella che potremmo chiamare l’humanitas, e più in generale ad alcuni dei valori fondanti della medicina ippocratica: “ Il medico sarà diligente, paziente e benevolo” (Cap.1). Seguono i principi che fanno riferimento alla prescrizione del segreto professionale e al dovere del medico di non operare discriminazioni tra i pazienti ricchi e poveri (“Sarà affabile coi poveri, non mostrerà ossequio servile verso i ricchi, e curerà gli uni e gli altri con la stessa abnegazione”). Dopo il richiamo alla necessità di “vegliare sulla salute pubblica”, espressione di una nuova sensibilità per i problemi sociali, si ribadisce la necessità del rispetto del malato (il medico “non intraprenderà alcun atto operativo senza avere prima ottenuto il consenso dell’ammalato ...”). |